AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - CONTRATTI

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - CONTRATTI

È principio sostanziale e processuale, disciplinante la materia dei subcontratti, ricavabile dalla disposizione contenuta nell’art. 1595, comma terzo, c.c. quello per cui, senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui (Conferma della sentenza del T.a.r. Liguria, sez. II, n. 686/2015).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9502 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Fallimento P.I. s.p.a., in persona dei curatori fallimentari, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Mirabile e Alessandro Mannocchi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Borgognona, n. 47;

contro

il Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigino Montarsolo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

la s.r.l. G.I., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

la s.p.a. P.I., in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Acquarone e Giovanni Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

la s.r.l. A. in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Aristide Police, Sergio Torri e Sandro Campilongo, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11;

il Fallimento A.M. s.r.l., in persona del curatore fallimentare, rappresentato e difeso dall'avvocato Aristide Police, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11;

la s.p.a. I.C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Acquarone e Lorenzo Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

le società s.r.l. I.S. ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio nell'ambito del presente ricorso;

sul ricorso numero di registro generale 9741 del 2015, proposto dalla s.p.a. I.C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Acquarone e Lorenzo Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

contro

il Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigino Montarsolo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

la s.r.l. G.I., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

il Fallimento P.I. s.p.a., nonché le società P.I. s.p.a., I.S. ed altri s.r.l in concordato preventivo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t. non costituiti in giudizio nell'ambito del presente ricorso;

sul ricorso numero di registro generale 9747 del 2015, proposto dalla s.p.a. P.I., in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Acquarone e Giovanni Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell' avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

contro

il Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigino Montarsolo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

la s.r.l. G.I., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

il Fallimento P.I. s.p.a., nonché le società I.S. ed altri s.r.l in concordato preventivo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti legali p.t., non costituiti in giudizio nell'ambito del presente ricorso;

sul ricorso numero di registro generale 9749 del 2015, proposto dalle società E.C. ed altri, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

contro

il Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigino Montarsolo e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

la s.r.l. G.I., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

il Fallimento P.I. s.p.a., nonché la s.p.a. P.I., la s.r.l. I.S., la s.p.a. I.C., la s.r.l. D.M., la s.r.l. A. e la s.r.l. A. in concordato preventivo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio nell'ambito del presente ricorso;

sul ricorso numero di registro generale 5097 del 2016, proposto dalle società U. ed altri s.c. a r.l. (già E. s.p.a.), in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Di Chio, Bruno Sarzotti, Alessandro Angelini e Teodosio Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianluca Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 63;

contro

il Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigino Montarsolo e Franco Coccoli, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Franco Coccoli in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

la s.r.l. I.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Acquarone e Giovanni Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;

il Fallimento P.I. s.p.a., in persona dei curatori fallimentari, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Mirabile e Alessandro Mannocchi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Borgognona, n. 47;

la s.r.l. G.I., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

le società A. s.r.l. in liquidazione (succeduta alla A. s.r.l. in concordato preventivo) e P.I. s.p.a., nonché l'Agenzia del Demanio - Direzione Generale di Roma e l'Agenzia del Demanio - Direzione Regionale della Liguria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio nell'ambito del presente ricorso;

per la riforma

quanto ai ricorsi n. 9502 del 2015, n. 9741 del 2015, n. 9747 del 2015 e n. 9749 del 2015:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sezione II, n. 686/2015, resa tra le parti e concernente un diniego di proroga del termine di conclusione dei lavori di cui alla concessione demaniale marittima n. 2306 del 28 dicembre 2006, relativa all'approdo turistico di Imperia, e un provvedimento di decadenza dalla concessione;

quanto al ricorso n. 5097 del 2016:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sezione II, n. 52/2016, resa tra le parti e concernente il provvedimento di decadenza della concessione demaniale marittima n. 2306 del 28 dicembre 2006;

Visti i ricorsi in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2017, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Carlo Mirabile, Luigino Montarsolo, Filippo Degni su delega dell'avvocato Aristide Police, Lorenzo Acquarone e Bruno Sarzotti;

Svolgimento del processo

1. La presente controversia inerisce alla concessione demaniale marittima n. 2306 del 28 dicembre 2006, rilasciata all'esito di una complessa procedura dal Comune di Imperia alla s.p.a. P.I. - partecipata per la quota del 33,5% del capitale dal Comune di Imperia, al pari dei due soci privati I.S. s.r.l. e A. s.r.l. - e avente ad oggetto la realizzazione e la gestione del nuovo porto turistico di Imperia.

1.1. La concessione prevedeva il termine di cinque anni per la realizzazione delle opere e la loro successiva gestione unitamente al porto turistico per un periodo di cinquanta anni.

1.2. La concessionaria P.I. s.p.a., approssimandosi la scadenza del termine, ha richiesto la proroga del termine di realizzazione delle opere, negata dal Comune di Imperia con il provvedimento n. 9184 del 15 marzo 2012.

1.3. Tale provvedimento è stato impugnato dinanzi al T.a.r. per la Liguria sia dalla società P.I. s.p.a., sia dalla società A. s.r.l. - società incaricata della realizzazione dei lavori e sub-acquirente dei diritti di godimento dei beni - con ricorsi n. 476 e n. 477 del 2012 (notificati al Comune di Imperia il 15 maggio 2012 e, rispettivamente, l'11 maggio 2012). Gli effetti di tale provvedimento sono stati poi sospesi dal T.a.r. l'con ordinanza n. 205 del 14 giugno 2012.

1.4. In corso di causa, a seguito di complesse vicende, la situazione economica della s.p.a. P.I. si 'deteriorava' e con decreto del Tribunale di Imperia n. 2/2013 del 30 agosto 2013 è stata dichiarata aperta la procedura di concordato preventivo.

1.5. La situazione, tuttavia, peggiorava ulteriormente e la concessionaria P.I. S.p.A., con sentenza del Tribunale di Imperia n. 14/2014 del 20 maggio 2014, è stata dichiarata fallita.

1.6. Indi il Comune di Imperia, con la determinazione dirigenziale n. 1649 del 18 dicembre 2014, dichiarava la decadenza della s.p.a. P.I. dalla concessione demaniale marittima n. 2306 del 28 dicembre 2006 e, con atto n. 3384 del 24 dicembre 2014, rilasciava una nuova concessione demaniale marittima a favore della s.r.l. G.I., società in house del Comune, di durata quadriennale, limitata alla gestione e alla messa in sicurezza delle opere portuali.

Il provvedimento di decadenza dalla concessione, adottato nei confronti di P.I. S.p.A., si basava su quattro distinte ragioni, di cui ciascuna idonea, singolarmente considerata, a giustificarne la parte dispositiva.

In particolare, la declaratoria di decadenza è stata motivata come segue:

(i) per essere stata dichiarata fallita la concessionaria P.I. s.p.a.;

(ii) per avere la concessionaria costituito ipoteche sui beni demaniali, anziché sulle opere realizzate sui beni medesimi;

(iii) per avere la concessionaria non pagato i canoni di concessione per le annualità 2011, 2012 e 2014;

(iv) per non avere la concessionaria terminato i lavori nel termine di cinque anni, stabilito dall'atto di concessione.

1.7. La sentenza di fallimento sub 1.5. è stata successivamente annullata con la sentenza della Corte d'appello di Genova n. 6 del 22 gennaio 2015, a sua volta impugnata con ricorso per Cassazione, tutt'ora pendente.

1.8. I provvedimenti sub 1.6. sono stati impugnati, dinanzi al T.a.r. per la Liguria, dal Fallimento di P.I. S.p.A., dalla società P.I. s.p.a. in proprio (in bonis), dalla società A. s.r.l. e da un gruppo di soggetti qualificatisi come sub-concessionari che avevano acquistato diritti personali di godimento dei posti barca nel porto turistico in questione, con i ricorsi n. 21 del 2015 (proposto dalla s.p.a. I.C.), n. 22 del 2015 (proposto dalle società E.C. ed altri ltd), n. 23 del 2015 (proposto dal signor Corrett Graham), n. 124 del 2015 (proposto dalla s.p.a. P.I.), n. 126 del 2015 (proposto dal Fallimento di P.I. s.p.a. avverso il solo provvedimento di decadenza), n. 152 del 2015 (proposto dalla s.r.l. A.), integrati da motivi aggiunti, nonché con il ricorso n. 260 del 2015 (proposto dalla s.r.l. Dianovacanzemare).

2. Il T.a.r. adìto, con la sentenza n. 686/2015 del 17 luglio 2015, pronunciava definitivamente su tutti i ricorsi come sopra proposti e tra di loro riuniti, provvedendo come segue:

(i) dichiarava la carenza di legittimazione processuale (rectius: di capacità processuale) in capo alla s.p.a. P.I. in bonis sulla base dei seguenti rilievi:

- la dichiarazione di fallimento (nella specie disposta con la sentenza n. 14 del 20 maggio 2014 del Tribunale di Imperia), pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta la perdita della capacità di stare in giudizio nelle relative controversie, spettando la legittimazione processuale esclusivamente al curatore;

- a tale regola, enunciata dall'art. 43 l. fall., fanno eccezione soltanto le ipotesi in cui il fallito agisca per la tutela di diritti strettamente personali o in cui, pur trattandosi di rapporti patrimoniali, gli organi fallimentari siano rimasti inerti manifestando indifferenza nei confronti del giudizio, con la precisazione che tale situazione non si verifica ove l'inerzia costituisca il risultato di una ponderata valutazione negativa da parte degli stessi organi fallimentari;

- nel caso di specie, non sussisteva nessuna delle ipotesi sopra menzionate, non attenendo la controversia a diritti strettamente personali della società fallita, né essendo la curatela rimasta inerte, avendo anch'essa impugnato il provvedimento di decadenza;

- neppure rilevava la circostanza che la sentenza di fallimento fosse stata successivamente annullata in grado di appello (con la sentenza n. 6 del 22 gennaio 2015 della Corte d'appello di Genova, impugnata con ricorso per cassazione tutt'ora pendente e quindi non ancora passata in giudicato), poiché, per un verso, il ricorso n. 124 del 2015 era stato notificato il 18 gennaio 2015 e depositato il 19 gennaio 2015, e quindi prima del deposito della sentenza di annullamento della dichiarazione di fallimento (22 gennaio 2015), con conseguente applicabilità del principio di cui all'art. 5 cod. proc. civ., per cui la sussistenza dei presupposti processuali va verificata al momento della proposizione della domanda giudiziale, e, per altro verso, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione gli effetti della sentenza di fallimento (la cui provvisoria esecutività, sancita dall'art. 16, comma 2, l. fall., non era suscettibile di sospensione, ai sensi dell'art. 18, comma 3, l. fall.) possono ritenersi rimossi, sia per quanto attiene allo status di fallito sia per quanto attiene agli aspetti conservativi del patrimonio, solo con il passaggio in giudicato della sentenza che, accogliendo l'opposizione, abbia revocato il fallimento, mentre, anteriormente a tale momento, si sarebbe potuto provvedere in via discrezionale esclusivamente alla sospensione dell'attività liquidatoria;

- il ricorso n. 124 del 2015, proposto dalla s.p.a. P.I. in bonis, doveva pertanto essere dichiarato inammissibile per carenza della capacità processuale, ostativa altresì alla qualificazione del ricorso sub specie di un intervento ad adiuvandum dell'impugnativa proposta dalla curatela fallimentare;

(ii) dava atto della rinuncia al ricorso n. 23 del 2015 proposto dal sub-concessionario Corrett Graham, avendo lo stesso in data 25 maggio 2015 depositato la correlativa dichiarazione di rinuncia;

(iii) dichiarava inammissibili, per carenza di autonoma legittimazione a ricorrere, i ricorsi proposti dalla s.p.a. I.C. (ricorso n. 21 del 2015) e dalle società E.C. ed altri ltd (ricorso n. 22 del 2015) e D.M. s.r.l. (ricorso n. 260 del 2015), rilevando che:

- tali società ricorrenti derivavano le loro posizioni soggettive da atti di diritto privato con cui la concessionaria P.I. S.p.A. - avvalendosi della autorizzazione generale e preventiva di cui all'art. 9, punto 2., dell'atto di concessione n. 2306 del 28 dicembre 2006, che facoltizzava la concessionaria a "costituire rapporti giuridici di diritto privato relativamente ai beni ed ai diritti originati dalla presente concessione e/o da essa originati" - aveva concesso alla s.r.l. A. "il diritto di natura meramente obbligatoria di fruire e a sua volta di far fruire a terzi sub concessionari (con facoltà, per gli stessi, di subconcessione del diritto medesimo) totalmente o parzialmente, delle opere a mare" (v. così, testualmente, le premesse di fatto contenute nei contratti di sub-concessione);

- nel caso di specie, tutti i sub-concessionari erano, in realtà, titolari di posizioni obbligatorie di diritto privato derivate da A. s.r.l. che, a sua volta, le aveva derivate dalla concessionaria s.p.a. P.I.;

- le menzionate imprese erano totalmente estranee al rapporto concessorio di natura pubblicistica, poiché, nella fattispecie all'esame, le sub-concessioni non avevano realizzato l'effetto di sostituire (neppure parzialmente) altri soggetti all'originario titolare del rapporto concessorio, ma erano vòlte esclusivamente a consentire il reimpiego, mediante strumenti di diritto privato, di alcuni beni oggetto della concessione ovvero di alcune opere realizzate sulla base del rapporto di concessione;

- le menzionate imprese erano, pertanto, titolari di una 'posizione derivata e dipendente' da quella del soggetto concessionario, inidonea ad assumere autonoma rilevanza diretta nei confronti dell'Amministrazione concedente, con la conseguente carenza della legittimazione a ricorrere avverso gli atti incidenti su tale rapporto concessorio;

- sul piano processuale, la posizione derivata e dipendente dei sub-concessionari li avrebbe dunque legittimati ad esperire, accanto ai consueti rimedi civilistici a tutela delle posizioni contrattuali, esclusivamente un intervento ad adiuvandum a sostegno del gravame proposto dalla società concessionaria, senza possibilità di ampliare il tema decidendum;

(iv) dichiarava inammissibile, per carenza di autonoma legittimazione a ricorrere, anche il ricorso n. 152 del 2015, proposto da A. s.r.l., essendo anche quest'ultima titolare di diritti di natura esclusivamente obbligatoria, derivati e dipendenti dal rapporto concessorio facente capo esclusivamente alla s.p.a. P.I. cui la società A. restava estranea;

(v) dichiarava dunque ammissibile il solo ricorso n. 126 del 2015, proposto dal Fallimento di P.I. S.p.A. avverso il provvedimento di decadenza;

(vi) nel merito, affrontando il primo motivo di ricorso - con il quale era stata dedotta la violazione dell'art. 47, comma 1, lettera f), cod. nav. e degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché l'eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria, perplessità e inidoneità del mero fatto del fallimento a determinare la decadenza dalla concessione, in quanto, da un lato, la sentenza di fallimento era stata annullata, mentre, dall'altro lato, il fallimento non potrebbe essere posto a base della decadenza della concessione demaniale marittima -, respingeva il primo profilo di censura, richiamando le considerazioni svolte sopra sub 2.(i) in ordine alla persistenza degli effetti della dichiarazione di fallimento fino al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della relativa opposizione, ma accoglieva il secondo profilo di censura sulla base dei seguenti rilievi:

- con riguardo alla fattispecie sub iudice, non era rinvenibile una disciplina speciale di diritto amministrativo che prevedeva il fallimento del concessionario quale causa autonoma di decadenza dalla concessione, dal momento che l'art. 47 cod. nav. non indicava tale evento tra le ipotesi tassative di decadenza;

- né era applicabile la disciplina del codice degli appalti, attributiva di rilevanza al fallimento, trovando applicazione il d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509, che richiamava espressamente la disciplina del codice della navigazione, con la precisazione che il fallimento del concessionario non poteva valere a conferirgli uno status diverso e di maggiore tutela rispetto a quello del concessionario rimasto in bonis, con la conseguente applicabilità delle fattispecie di decadenza previste dall'art. 47 cod. nav. anche nei confronti del Fallimento;

(vii) quanto al secondo motivo di ricorso - con il quale il Fallimento aveva dedotto la violazione dell'art. 47, comma 1, lettere a), b), d) ed f), cod. nav., degli artt. 3 e 97 Costituzione e dell'art. 26, comma 2, d.P.R. n. 328/1952, nonché l'eccesso di potere per contraddittorietà, difetto d'istruttoria e perplessità, in quanto anche le ulteriori ragioni addotte dall'amministrazione a sostegno della pronuncia di decadenza (iscrizione dell'ipoteca su beni demaniali; mancato pagamento del canone; mancata ultimazione dei lavori nei termini) sarebbero prive di consistenza -, provvedeva come segue:

- accoglieva il profilo di censura relativo all'iscrizione di ipoteca, poiché l'art. 41 cod. nav. prevedeva, bensì, la facoltà del concessionario, previa autorizzazione dell'autorità concedente, di costituire ipoteca, ma solo sulle opere da esso costruite sui beni demaniali e non già sui beni demaniali medesimi, con la conseguente nullità dell'ipoteca costituita, nel caso di specie, sui beni demaniali oggetto della concessione, sicché, non producendo l'ipoteca effetto alcuno proprio perché nulla, la costituzione di un'ipoteca nulla giammai poteva comportare la decadenza ai sensi dell'art. 47 cod. nav.;

- accoglieva, altresì, il profilo di censura relativo alla contestazione dell'inosservanza dei termini di realizzazione delle opere, essendo il diniego di proroga - emanato dall'amministrazione concedente e impugnato con i ricorsi sub 1.3. - rimasto sospeso dal T.a.r. con l'ordinanza n. 205/2012 per tutta la durata del giudizio di primo grado, ed avendo la sospensione del provvedimento di diniego di proroga "impedito la decorrenza di un nuovo termine di conclusione dei lavori atteso che, stante la pendenza dell'istanza di proroga del termine di conclusione dei lavori, finché non fosse stata decisa la causa relativa al diniego della proroga del termine ovvero finché l'amministrazione non si fosse nuovamente determinata sull'istanza di proroga nessuna decadenza per mancato rispetto dei termini avrebbe potuto essere dichiarata" (v. così, testualmente, l'impugnata sentenza), con la precisazione che non era neppure sostenibile che il termine annuale decorresse dalla pronuncia del provvedimento cautelare, in quanto, "in presenza di un provvedimento cautelare, che ha paralizzato il diniego di proroga del termine di conclusione dei lavori, l'amministrazione, per potere ritenere rilevante l'inerzia, avrebbe dovuto riesaminare l'istanza di proroga e determinarsi nuovamente sulla stessa in senso negativo. Non avendo fatto ciò non può oggi lamentarsi della mancata realizzazione delle opere nei termini, atteso che a tutt'oggi risulta pendente una istanza di proroga";

- respingeva invece il profilo di censura dedotto avverso la contestazione nell'impugnato provvedimento, quale ipotesi di decadenza ex art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav., del mancato pagamento del canone per gli anni 2011, 2012 e 2014, avendo l'art. 5, punto 5., della concessione n. 2306 del 28 dicembre 2006 fissato nel numero di due annualità l'entità della morosità rilevante ai fini della sanzione della decadenza comminata dalla citata disposizione del codice della navigazione, né essendo condivisibile la tesi di parte ricorrente in ordine a un'asserita impossibilità di adempimento riconducibile all'ammissione a concordato preventivo, per la possibilità, riconosciuta dal consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione - recepito dall'art. 182-quinquies l. fall. (inserito dal d..-L. n. 83 del 2012 convertito nella legge n. 134/2012) - al soggetto ammesso a concordato preventivo, di pagare i crediti rientranti nell'ordinaria amministrazione dell'impresa ed essenziali al suo svolgimento, talché la s.p.a. P.I. in concordato ben avrebbe potuto chiedere e ottenere l'autorizzazione al pagamento dei canoni, né infine essendo fondato il dedotto vizio procedurale per cui non sarebbe stata sentita l'Agenzia del Demanio sul punto, poiché era documentalmente comprovato che il Comune aveva inviato la comunicazione di avvio del procedimento anche all'Agenzia senza, tuttavia, ottenere risposta;

- dichiarava, al riguardo, manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale della disciplina sulla decadenza dalla concessione stabilita dall'art. 47 cod. nav., nella parte in cui non prevedeva alcun indennizzo a favore del concessionario per le opere incamerate dall'amministrazione, anche in presenza di inadempienze oggettivamente minime rispetto al valore delle opere da realizzare (con l'effetto di determinare un indebito arricchimento dell'amministrazione), in quanto, per un verso, si trattava di un mero pregiudizio di fatto insito nel concreto e contingente atteggiarsi del rapporto concessorio e non già immanente alla disciplina legislativa, e, per altro verso, l'art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav. non prevedeva un numero fisso di canoni il cui mancato pagamento avrebbe determinato la decadenza della concessione, ma rimetteva la valutazione in ordine alla gravità dell'inadempimento all'amministrazione e alla sua discrezionalità in sede di adozione del provvedimento di concessione che, nella specie, stabiliva la soglia di morosità, rilevante ai fini della decadenza, nella misura di due annualità di canone senza che tale previsione fosse stata impugnata, con l'aggiunta che, per le stesse ragioni, non era ravvisabile contrasto alcuno dell'art. 47 cod. nav. con i principi comunitari della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi;

(viii) attesa l'autosufficienza della ragione di decadenza costituita dal mancato pagamento del canone concessorio - come sopra riconosciuto consentito - a sorreggere l'impugnato provvedimento di decadenza, respingeva dunque il ricorso n. 126 del 2015;

(ix) a fronte della reiezione del ricorso avverso il provvedimento di decadenza dalla concessione, dichiarava improcedibili i ricorsi n. 476 e n. 477 del 2012, di cui sopra sub 1.3., per sopravvenuta carenza di interesse.

3. Con la seconda sentenza indicata in epigrafe (sentenza n. 52 del 19 gennaio 2016), il T.a.r. per la Liguria dichiarava inammissibile il ricorso n. 189 del 2015, proposto dagli istituti bancari U. ed altri s.c. a r.l. (già E. s.p.a.) avverso il provvedimento di decadenza n. 1649 del 18 dicembre 2014, gli atti ad esso presupposti e il provvedimento di affidamento dei beni in concessione alla società G.I. s.r.l.

Premesso che le banche ricorrenti avevano basato la loro legittimazione a ricorrere sull'atto di concessione di ipoteca del 19 febbraio 2007, con cui la concessionaria P.I. s.p.a., nella qualità di terza datrice di ipoteca, aveva garantito il finanziamento di 140 milioni di Euro concesso dalle stesse banche alla s.r.l. A. per la realizzazione delle opere portuali, il T.a.r. rilevava che con la precedente sentenza n. 686/2015, di cui sopra sub 2., era stata affermata la nullità dell'ipoteca, e, in reiezione delle deduzioni difensive delle ricorrenti, ribadiva che la concessionaria avrebbe potuto costituire ipoteca esclusivamente sui beni dalla stessa realizzati sul compendio demaniale, successivamente alla loro realizzazione, mentre la costituzione di un'ipoteca indiscriminata sui beni oggetto di concessione, prima che le opere diverse dai beni demaniali fossero state realizzate, era inficiata da nullità per le ragioni esposte nella richiamata sentenza, non superata in modo decisivo dagli argomenti dedotti dalle banche ricorrenti, sicché, essendo la legittimazione a ricorrere ancorata alla qualità di creditori ipotecari, era venuto meno il titolo della legittimazione, con conseguente inammissibilità del ricorso.

4. Avverso la sentenza n. 686/2015, di cui sopra sub 2., interponeva appello il Fallimento P.I. s.p.a. (con ricorso rubricato sub r.g. n. 9502 del 2015), deducendo i motivi come di seguito rubricati:

a) "Errata interpretazione dell'art. 47, lettera d), cod. nav.; errata applicazione dell'art. 182-quinquies L.F.; impossibilità oggettiva al pagamento del canone concessorio; inadempimento irrilevante nell'ambito degli interessi disciplinati dalla concessione; accettazione del Comune; illogicità e contraddittorietà della motivazione; violazione dell'art. 47, lettera d), del cod. nav. e dell'art. 26, comma 2, del D.P.R. 15/02/1952 n. 328";

b) "Sull'illegittimità costituzionale dell'art. 47 cod. nav. per violazione dell'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede: (1) la necessità di riconoscere un indennizzo al concessionario ovvero (2) la valutazione della responsabilità del concessionario; (3) una proporzione fra la sanzione e la condotta del concessionario; contrarietà al trattato UE dell'art. 47 cod. nav. per violazione dei principi di stabilimento e libera prestazione dei servizi".

L'appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell'impugnata sentenza, la sua riforma nella parte in cui il T.a.r. aveva respinto il ricorso di primo grado e aveva ritenuto sussistente la ragione della decadenza costituita dal mancato pagamento di tre annualità di canone, nonché, in via subordinata, la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale e alla Corte di giustizia UE per le ragioni esposte nel secondo motivo d'appello.

4.1. Nell'ambito del così instaurato giudizio d'impugnazione, ha proposto ricorso in appello ex art. 96 cod. proc. amm. (con atto notificato il 17 novembre 2015 e depositato il 20 novembre 2015) la s.r.l. A. in concordato preventivo, deducendo i seguenti motivi:

a) "Error in procedendo. Erroneità della sentenza nella parte in cui è stata negata l'autonoma legittimazione a ricorrere avverso il provvedimento di decadenza. - Error in iudicando. Erroneità della sentenza per falsa applicazione dell'art. 45-bis cod. nav., nonché per insufficiente e contraddittoria motivazione in merito all'esclusione della legittimazione ad agire di A. rispetto alla precedente pronuncia del medesimo TAR", sostenendo in particolare che il T.a.r. - con una precedente sentenza n. 379/2011, emessa nell'ambito di un pregresso giudizio, in cui era stato impugnato (e annullato) un primo provvedimento di decadenza della concessione demaniale marittima in oggetto basato, tra l'altro, sul rilievo che A. avrebbe assunto la posizione di sub-concessionaria in assenza della preventiva autorizzazione ex art. 45-bis cod. nav. - aveva respinto una analoga eccezione di carenza di legittimazione a ricorrere in capo ad A. s.r.l. e, sebbene tale sentenza non esplicasse autorità di giudicato nell'ambito del presente giudizio, il T.a.r. era onerato di motivare in modo pregnante e stringente il proprio revirement su una questione sostanzialmente identica;

b) "Error in iudicando. Erroneità della sentenza per falsa applicazione degli artt. 168 e 182-quinquies e 51 l.f. con riferimento all'impossibilità per P.I. s.p.a. di disporre il pagamento dei canoni di concessione demaniale a seguito dell'avvio della procedura di concordato preventivo. - Error in iudicando. Erroneità della sentenza per falsa applicazione dell'art. 51 l.f. conseguente all'assimilazione del divieto di disporre il pagamento dei crediti sorti prima dell'avvio della procedura concorsuale all'inadempimento contrattuale. - Error in iudicando. Erroneità della sentenza per falsa applicazione dell'art. 47, co. 1, lett. d), cod. nav. e contraddittorietà della motivazione in merito alle obiettive circostanze di fatto e di diritto che avrebbe dovuto indurre il Comune di Imperia a soprassedere all'adozione del provvedimento di decadenza in ossequio ai generali principi di ragionevolezza e proporzionalità nell'esercizio del potere e di correttezza e buona fede nella fase di esecuzione delle obbligazioni nascenti dalla concessione demaniale".

L'appellante A. s.r.l. riproponeva altresì tutti i motivi di ricorso proposti in primo grado, chiedendo, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell'impugnata sentenza e in sua riforma, l'accoglimento del ricorso di primo grado.

4.1.1. Dopo che l'appellante A. s.r.l., in corso di causa, era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza del 14 gennaio 2016, si costituiva in giudizio la curatela fallimentare (autorizzata dal giudice delegato), con atto depositato l'11 aprile 2016, chiedendo l'accoglimento dell'appello.

4.2. Con memoria depositata il 24 novembre 2015 (notificata alle controparti il 19 novembre 2015), si costituiva in giudizio il Comune di Imperia, contestando la fondatezza dell'appello proposto dal Fallimento di P.I. s.p.a. e chiedendone la reiezione, nonché proponendo appello incidentale condizionato (all'accoglimento dell'appello principale), contenente i seguenti motivi:

a) "Relativamente al capo della sentenza con il quale è stato ritenuto illegittimo il presupposto del provvedimento di decadenza fondato sull'intervenuto fallimento della concessionaria. Erroneità della sentenza. Violazione dell'art. 47 cod. nav. Violazione dei principi in materia di autotutela. Violazione delle norme e dei principi che stabiliscono la preclusione per le amministrazioni ad intrattenere rapporti con i soggetti falliti. Omessa valutazione di alcuni presupposti legittimanti il provvedimento. Omessa valutazione dell'eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione di alcuni motivi posti a fondamento del provvedimento impugnato";

b) "Relativamente al capo della sentenza con il quale è stato ritenuto illegittimo il presupposto del provvedimento di decadenza relativo alla concessione e iscrizione dell'ipoteca sui beni demaniali, nella qualità di terza datrice della concessionaria. Errata applicazione dell'art. 41 del cod. nav. in connessione all'art. 9 della concessione. Errata applicazione dell'art. 47 del cod. nav. Errata motivazione";

c) "Relativamente al capo della sentenza con il quale è stato ritenuto illegittimo il presupposto del provvedimento di decadenza relativo alla mancata ultimazione delle opere. Travisamento dei fatti. Errata applicazione dell'art. 47 cod. nav. e dei principi in materia di adempimento".

Il Comune chiedeva pertanto la reiezione dell'appello principale e, in caso di suo accoglimento, l'accoglimento dell'appello incidentale.

Il Comune di Imperia, con memoria depositata il 15 gennaio 2016, contestava altresì la fondatezza dell'appello di A. s.r.l. in concordato preventivo, chiedendone la reiezione.

4.3. Con memorie depositate il 26 novembre 2015, si costituivano in giudizio la s.p.a. P.I. in bonis e la s.p.a. I.C., chiedendo l'accoglimento dell'appello principale del Fallimento e la reiezione dell'appello incidentale del Comune.

4.4. Con memoria depositata il 30 dicembre 2015 (notificata alle controparti il 21 dicembre 2015), si costituiva in giudizio la s.r.l. G.I., contestando la fondatezza dell'appello principale proposto dal Fallimento di P.I. S.p.A. e aderendo all'appello incidentale proposto dal Comune di Imperia, nonché proponendo a sua volta appello incidentale avverso la statuizione reiettiva dell'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado n. 126 del 2015 (non esaminata o implicitamente respinta dal T.a.r.), sollevata sotto il profilo che, alla data della notifica del ricorso di prima istanza (19 febbraio 2015), il contratto di affitto di azienda tra la G.I. s.r.l. e l'appellante principale era già stato prorogato al 23 dicembre 2014, sicché "la scelta imprenditoriale della P.I. in fallimento, accolta nel contratto di affitto di azienda e nella successiva proroga, ha comportato l'esaurimento, per via pattizia, di ogni forma di interesse alla impugnazione del presupposto provvedimento di decadenza" (v. così, testualmente, l'appello incidentale).

5. Con separato ricorso in appello (rubricato sub r.g. n. 9741 del 2015), avverso la sentenza n. 686/2015 del T.a.r. per la Liguria interponeva appello la s.p.a. I.C. - quale titolare, in forza di contratto di sub-concessione registrato il 13 agosto 2010, del diritto di godimento-fruizione di quattro posti barca (e delle relative pertinenze) nell'approdo turistico ubicato all'interno del porto polifunzionale di Imperia -, censurando l'erronea esclusione della legittimazione a ricorrere in capo ad essa appellante, attesa l'incidenza diretta dell'effetto della decadenza della concessione n. 2306/2006 sulla propria sfera giuridica, irrilevante essendo l'eventuale natura privatistica del rapporto intercorrente con la società sub-concedente.

L'appellante chiedeva pertanto la riforma in parte qua dell'impugnata sentenza, riproponendo tutti i motivi del ricorso di primo grado.

5.1. Si costituivano in giudizio il Comune di Imperia e la G.I. s.r.l., contestando la fondatezza dell'appello e chiedendone la reiezione.

6. Con separato ricorso in appello (rubricato sub r.g. n. 9747 del 2015), avverso la medesima sentenza n. 686/2015 del T.a.r. per la Liguria interponeva appello la s.p.a. P.I. in bonis, censurando l'erronea esclusione della legittimazione processuale in capo ad essa appellante, in quanto, per un verso, la sentenza della Corte d'appello del 22 gennaio 2015 era stata pubblicata anteriormente alla notifica, in data 16 febbraio 2015, del ricorso di primo grado n. 124 del 2015 proposto da essa appellante, con conseguente erronea applicazione dell'art. 5 cod. proc. civ., e, per altro verso, alla luce di una corretta interpretazione degli artt. 18 e 19 l. fall. doveva ritenersi la persistente legittimazione processuale dell'imprenditore in proprio in caso di accoglimento, dinanzi alla Corte di appello, dell'opposizione proposta avverso la sentenza di primo grado dichiarativa del fallimento, tanto più che nel caso di specie era ravvisabile anche l'assenza di una seria tutela degli interessi del Fallimento ad opera dei curatori.

L'appellante chiedeva pertanto la riforma in parte qua dell'impugnata sentenza, riproponendo tutti i motivi del ricorso di primo grado.

6.1. Si costituivano in giudizio il Comune di Imperia e la G.I. s.r.l., contestando la fondatezza dell'appello e chiedendone la reiezione.

7. Infine, la sentenza n. 686/2015 del Ta.r. per la Liguria è stata impugnata dalle società E.C. ed altri Ltd (con ricorso rubricato sub r.g. n. 9749 del 2015), le quali censuravano l'erronea esclusione della legittimazione a ricorrere in capo ad esse appellanti, per l'incidenza diretta dell'effetto della decadenza della concessione n. 2306/2006 sulla propria sfera giuridica, irrilevante essendo l'eventuale natura privatistica dei rapporti intercorrenti con la società sub-concedente A. s.r.l..

Le appellanti chiedevano pertanto la riforma in parte qua dell'impugnata sentenza, riproponendo tutti i motivi del ricorso di primo grado.

7.1. Si costituivano in giudizio il Comune di Imperia e la G.I. s.r.l., contestando la fondatezza dell'appello e chiedendone la reiezione.

8. Contro la sentenza n. 52/2016 (di cui sopra sub 3.), interponevano appello (con ricorso rubricato sub r.g. n. 5097 del 2016) gli istituti bancari soccombenti in primo grado, deducendo l'erronea applicazione degli artt. 41 e 28 cod. nav. e la conseguente erronea declaratoria di nullità della costituzione di ipoteca, avendo quest'ultima ad oggetto il diritto di superficie della P.I. s.p.a. sui beni demaniali di cui la stessa era titolare sulla base della concessione rilasciata dal Comune di Imperia, e non già i beni demaniali in sé considerati, né potendo l'ambito di applicazione dell'art. 41 cod. nav. essere limitato alle opere già realizzate.

Le banche appellanti chiedevano pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell'impugnata sentenza, la sua riforma e riproponevano espressamente i motivi di primo grado.

8.1. Si costituiva in giudizio il Comune di Imperia, eccependo l'inammissibilità dell'appello per mancata rituale riproposizione dei motivi di merito di primo grado, assorbiti dalla pronuncia di primo grado, nonché riproponendo a sua volta espressamente gli ulteriori profili dell'eccezione di carenza di legittimazione e di interesse a ricorrere dedotti in primo grado e non esaminati nella sentenza, in quanto assorbiti.

8.2. Si costituivano in giudizio il Fallimento P.I. S.p.A. e la s.r.l. I.S., aderendo all'appello proposto dagli istituti bancari e chiedendone l'accoglimento.

8.3. Si costituiva, infine, in giudizio la s.r.l. G.I., resistendo e chiedendo la reiezione dell'appello.

9. All'udienza pubblica del 20 ottobre 2016, già fissata per la discussione dei ricorsi nel merito, e nella quale i ricorsi in appello proposti avverso la sentenza n. 686/2015 erano stati chiamati e trattati congiuntamente, la difesa del Fallimento della concessionaria e la difesa di P.I. s.p.a. in bonis chiedevano un rinvio per proporre motivi aggiunti, in riferimento alla transazione conclusa tra il Comune di Imperia e la A.G. S.p.A., Compagnia tramite la quale la concessionaria aveva assolto agli obblighi di garanzia previsti nella concessione.

9.1. Indi, nell'ambito delle cause d'appello sub r.g. n. 9502 del 2015 e n. 9747 del 2015, le parti appellanti Fallimento P.I. S.p.A. e, rispettivamente, P.I. S.p.A. in bonis, con atti depositati il 14 dicembre 2016 e, rispettivamente, il 20 dicembre 2016 (ritualmente notificati alle controparti), proponevano motivi aggiunti ai sensi dell'art. 104, comma 3, cod. proc. amm., tra di loro sostanzialmente identici, deducendo che:

- dagli atti prodotti in giudizio in grado d'appello, emergeva che il Comune aveva cominciato le attività di incasso della fideiussione - prestata a garanzia dell'obbligazione di pagamento dei canoni concessori - già con la delibera della Giunta comunale adottata il 8 ottobre 2014, dunque due anni dopo l'asserito inadempimento e due mesi prima dell'adozione del provvedimento di decadenza, a procedimento di decadenza già avviato;

- con ciò, il Comune, nell'esercizio dei poteri discrezionali ad esso spettanti in qualità di concedente, aveva scelto di escutere, prima di adottare la dichiarazione di decadenza, la garanzia fideiussoria, rinunciando implicitamente ad attivare la decadenza, quanto meno per il mancato pagamento dei canoni, ed optando dunque per la continuazione del rapporto concessorio (con l'obbligo del concessionario, ai sensi dell'art. 6, punto 9., della concessione, di reintegrare la garanzia);

- dalla documentazione acquisita al giudizio in grado di appello emergeva altresì che il Comune, dopo ulteriori sei mesi, con deliberazione della Giunta n. 120 del 15 maggio 2015 si era determinato a intraprendere un'azione legale unicamente nei confronti dell'Assicurazione, senza evocare in giudizio il Fallimento, il quale mai era stato avvertito del tentativo di escussione della garanzia fideiussoria;

- con successivo atto di transazione, concluso tra il Comune di Imperia e A.G. S.p.A. e approvato dalla Giunta comunale con la deliberazione n. 280 del 4 ottobre 2016, il Comune era stato tacitato di ogni pretesa relativa alla polizza n. 263625489, avente ad oggetto la garanzia del pagamento del canone demaniale marittimo;

- la Compagnia, nella clausola n. 4 dell'atto transattivo, aveva rinunciato al diritto di surroga e regresso nei confronti del Fallimento;

- doveva, pertanto, ritenersi estinta qualsiasi obbligazione delle odierne parti appellanti con riguardo ai canoni degli anni 2011 e 2012, con conseguente illegittima indicazione, a base del provvedimento di decadenza dell'inadempimento, del mancato pagamento dei canoni concessori, tanto più che la sanzione della decadenza doveva ritenersi ancorata all'inadempimento definitivo e non al semplice ritardo nel pagamento, "peraltro non imputabile al concessionario, ma al ritardo del Comune nell'escussione e nell'incasso della somma portata dalla garanzia" (v. così, testualmente, il ricorso per motivi aggiunti proposto nell'ambito del ricorso n. 9502 del 2015);

- per giunta, la deliberazione di approvazione della proposta di accordo transattivo conteneva una dichiarazione, di natura confessoria, circa l'effettiva esecuzione di parte delle opere portuali, leggendovisi testualmente che "è inoltre indubitabile che parte delle opere portuali siano in effetti state realizzate e che l'approdo, seppur con l'incompletezza di alcune opere a terra, è attualmente operativo";

- gli esposti argomenti dimostravano ulteriormente la dedotta inadeguatezza della motivazione del provvedimento di decadenza con riferimento all'asserito inadempimento dell'obbligo di pagamento dei canoni concessori, per contraddittorietà e sviamento.

9.2. In replica, il Comune di Imperia eccepiva che:

- nel contratto di transazione concluso con A.G., tra le voci dell'importo complessivamente corrisposto dalla compagnia non compariva la polizza rilasciata a garanzia del regolare pagamento dei canoni, ossia la polizza n. 263625489 del 21 dicembre 2006;

- il Fallimento, ammettendo il Comune di Imperia al passivo per l'importo di Euro 1.630.303,00 per i canoni 2011 e 2012 e (in prededuzione) per l'importo di Euro 995.487,00 per il canone 2014 (dunque, per complessivi Euro 2.625.790,00), aveva definitivamente riconosciuto l'inadempimento delle relative obbligazioni, senza possibilità di ulteriori contestazioni;

- l'inadempimento dell'obbligo di pagamento dei canoni per il periodo rilevante determinato nell'atto di concessione era presupposto sufficiente per applicare la sanzione della decadenza;

- la prestazione di una garanzia non precludeva l'esercizio del potere sanzionatorio, avendo l'Amministrazione la mera facoltà (e non l'obbligo) di escutere immediatamente la fideiussione (Ad. Plen. n. 24/2016);

- ad ogni modo, nel caso di specie al momento dell'adozione del provvedimento di decadenza (18 dicembre 2014) sussisteva la situazione di morosità nel pagamento dei canoni, per un ammontare rilevante ai fini della decadenza;

- in denegata ipotesi, anche un eventuale pagamento da parte del fideiussore, a due anni dalla data del pagamento, giammai avrebbe potuto determinare l'illegittimità del provvedimento di decadenza.

10. All'udienza pubblica del 6 luglio 2017 tutti i ricorsi in appello sono stati discussi congiuntamente, con la rinuncia delle parti alla emanazione di una pronuncia cautelare (peraltro, il Fallimento con atto depositato il 1 giugno 2016 già vi aveva espressamente rinunciato), al che tutte le cause sono state trattenute in decisione.

Motivi della decisione

11. I ricorsi in appello specificati in epigrafe devono essere riuniti e trattati congiuntamente, poiché i primi quattro appelli sono stati proposti contro la medesima sentenza (n. 686/2015 del T.a.r. per la Liguria), con conseguente riunione obbligatoria ai sensi dell'art. 96, comma 1, cod. proc. amm., mentre il ricorso in appello n. 5097 del 2016, proposto avverso la sentenza n. 52/2016 dello stesso T.a.r., è connesso con i primi sotto i profili oggettivo e soggettivo.

12. Procedendo all'esame degli appelli e dei motivi d'impugnazione dedotti avverso i singoli capi della sentenza n. 686/2015, quali riportati sopra sub 2. secondo l'ordine seguito nell'impugnata sentenza, si osserva che infondati sono i motivi d'appello dedotti dalla s.p.a. P.I. in bonis avverso la statuizione sub 2.(i), dichiarativa della carenza di legittimazione processuale in capo alla medesima.

Premesso che la dichiarazione di fallimento della s.p.a. P.I., con la sentenza di primo grado del Tribunale di Imperia n. 14 del 20 maggio 2014, è stata pronunciata prima della proposizione del ricorso giudiziale n. 124 del 2015 (notificato il 16 febbraio 2015), si osserva che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale condiviso da questo Collegio, gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento - la cui provvisoria esecutività, disposta dall'art. 16, comma 2, l. fall., non è suscettibile di sospensione, in considerazione della finalità della procedura fallimentare, diretta a privilegiare gli interessi generali dei creditori rispetto all'interesse del debitore - possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello status di fallito sia quanto agli aspetti conservativi che al medesimo si ricollegano, soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca resa in sede di opposizione, mentre anteriormente a tale momento può provvedersi, in via esclusivamente discrezionale, alla sospensione dell'attività liquidatoria; né su tale disciplina hanno inciso le riforme del 2006 e del 2007, risultando ancora in vigore sia l'art. 16, comma 2, l. fall. sia il principio della non sospensione della sentenza di fallimento per effetto della proposizione del reclamo, restando possibile, in tale caso, solo sospendere, ex art. 19 l. fall., la liquidazione dell'attivo (v. Cass. 27 maggio 2013, n. 13100; Cass. 29 luglio 2014, n. 17191).

Alla luce di quanto sopra, resta irrilevante l'individuazione del momento di pubblicazione della sentenza d'appello rispetto al momento di proposizione del ricorso di primo grado (per gli eventuali effetti di cui all'art. 5 cod. proc. civ.), oggetto di specifico profilo di censura dedotto dalla società appellante (v. p. 13 del ricorso in appello sub r.g. n. 9747 del 2015).

Neppure è applicabile la previsione normativa che - nelle controversie vertenti su rapporti patrimoniali (quale quella sub iudice) - attribuisce al fallito una legittimazione processuale di tipo suppletivo soltanto nel caso di totale disinteresse degli organi fallimentari, essendo tale ipotesi da escludere allorché il curatore sia parte del giudizio, indipendentemente dalla sua condotta processuale (v. sul punto, per tutte, Cass. 14 maggio 2012, n. 7448), con la precisazione che, nel caso di specie, gli organi fallimentari sin dal giudizio primo grado hanno comunque fatto valere motivi di ricorso sostanzialmente convergenti con quelli della società fallita.

Deve pertanto confermarsi la statuizione sub 2.(i), dichiarativa dell'inammissibilità del ricorso proposto dalla s.p.a. P.I. in proprio (n. 124 del 2015), per la perdita della capacità processuale prima della proposizione del ricorso di primo grado.

13. Infondati sono, altresì, gli appelli sub 5. e 7., interposti avverso la statuizione sub 2.(iii), dichiarativa dell'inammissibilità dei ricorsi proposti dalla s.p.a. I.C. (ricorso n. 21 del 2015) e dalle società E.C. ed altri ltd (ricorso n. 22 del 2015) per carenza di legittimazione autonoma a ricorrere (mentre, quanto alla posizione della s.r.l. D.M., quest'ultima non ha proposto appello).

Le menzionate società derivano le loro posizioni soggettive di fruizione dei posti barca (e delle loro pertinenze funzionali) da atti di diritto privato stipulati ai sensi dell'art. 9, punto 2., della concessione demaniale marittima n. 2306/2006 che testualmente prevede: "La Concessionaria, nell'ambito dei diritti e delle facoltà che le derivano dal presente atto e dalle norme che sono o andranno in vigore, potrà costituire rapporti giuridici di diritto privato relativamente ai beni e ai diritti oggetto della presente concessione e/o da essa originati. Nei relativi atti la Concessionaria si obbliga, a pena di decadenza della presente concessione, ad inserire apposita clausola nella quale sia espressamente stabilito che i medesimi atti, nonché i rapporti giuridici da essi scaturenti, perderanno automaticamente efficacia in caso di scadenza, decadenza, revoca o, comunque, di cessazione anticipata per qualsivoglia causa della concessione medesima".

Sulla base di tale clausola, nel contratto di sub-concessione stipulato il 23 marzo 2010 tra la s.p.a. P.I. e la s.r.l. A., all'art. 2 è stato previsto: "P.I. S.p.A. concede ad A. S.r.l., che accetta, il diritto personale di godimento avente ad oggetto l'utilizzazione e la fruizione - con facoltà di ulteriore sub-concessione a terzi del diritto medesimo - per tutta la durata della concessione demaniale prima richiamata, delle opere a mare infra descritte ...:

- sotto la lettera "A", posti barca, destinati all'ormeggio di imbarcazioni in acqua".

I contratti stipulati tra A. s.r.l. e le odierne appellanti (di cui il primo stipulato in data 9 agosto 2010 con la I.C. S.p.A. e i successivi in data 10 maggio 2011 con le altre imprese appellanti), aventi ad oggetto il godimento di singoli posti barca, richiamano, nelle premesse, la concessione rilasciata ad A. s.r.l. del "diritto di natura meramente obbligatoria di fruire e a sua volta di far fruire a terzi sub-concessionari (con facoltà, per gli stessi, di sub-concessione del diritto medesimo), totalmente o parzialmente, delle opere a mare fino ad oggi realizzate dalla concedente (posti barca e loro pertinenze funzionali quali cave nautiche e posti auto".

Alla luce di quanto sopra il T.a.r. ha correttamente rilevato che tutti i sub-concessionari sono - a prescindere, cioè, dal nomen iuris di "contratto di sub-concessioni" attribuito agli atti contrattuali in questione - non già titolari pro quota del rapporto concessorio, subentrati in parte qua nella posizione dell'originario titolare del rapporto di concessione e quindi titolari di un rapporto diretto con l'Amministrazione concedente, bensì titolari di posizioni obbligatorie di diritto privato 'derivate' da A. s.r.l. che, a sua volta, le ha derivate, sempre sub specie di diritto obbligatorio di natura privatistica, dalla concessionaria s.p.a. P.I., onde dedurvi, sul piano processuale, che la posizione derivata e dipendente dei sub-concessionari legittimava gli stessi, oltre all'esercizio dei comuni rimedi civilistici a tutela delle proprie posizioni contrattuali, esclusivamente a proporre un intervento ad adiuvandum a sostegno dell'impugnazione del concessionario, senza possibilità di ampliare il thema decidendum delineato dagli elementi oggettivi di identificazione della domanda proposta dallo stesso concessionario avverso il provvedimento di decadenza, con sequela di inammissibilità dei ricorsi proposti in via autonoma avverso tale provvedimento.

Posto che si tratta di posizioni di diritto privato derivate dal concessionario, il quale resta l'unico soggetto titolare della concessione e risponde in via diretta ed esclusiva nei confronti dell'Amministrazione concedente (v. punto 3. dell'art. 9 del contratto di concessione: "Resta in capo alla Concessionaria la responsabilità delle scelte in ordine alle modalità di esecuzione delle opere previste dalla concessione e restano direttamente a carico della Concessionaria nei rapporti con l'autorità concedente tutti gli obblighi che derivano dal presente atto e da norme del codice della navigazione, del regolamento per la navigazione marittima e delle leggi e dei regolamenti statali e regionali, in primo luogo quelli relativi ai canoni concessori e, al termine della concessione, quelli relativi alla riconsegna delle aree demaniali e alla consegna delle opere che saranno oggetto di devoluzione ai sensi dell'art. 49 del codice della navigazione"), trova applicazione il principio sostanziale e processuale, disciplinante la materia dei sub-contratti, ricavabile dalla disposizione contenuta nell'art. 1595, comma terzo, cod. civ. per cui, senza pregiudizio delle ragioni del sub-conduttore verso il sub-locatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del sub-conduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui (v., sul punto, ex plurimis, Cass. 24 luglio 2012, n. 12895, affermativa del principio per cui la sentenza di rilascio pronunciata su domanda del locatore nei confronti del conduttore ha effetto anche nei confronti del sub-conduttore, il cui titolo presuppone quello del conduttore).

Infatti, questa disposizione è espressione di una c.d. pregiudizialità-dipendenza 'permanente' tra rapporti di diritto sostanziale - caratterizzata dalla circostanza, per un verso, che il rapporto pregiudiziale dovrebbe persistere durante tutto il tempo dello svolgimento del rapporto dipendente e, per altro verso, che il titolare del rapporto pregiudiziale (salva solo la tutela risarcitoria del terzo titolare del rapporto dipendente) potrebbe disporre del rapporto anche dopo aver dato vita al rapporto dipendente -, e a questa particolare sottocategoria di pregiudizialità-dipendenza sono riconducibili in genere tutti i rapporti sorti da un c.d. sub-contratto, con la conseguenza che i titolari di sub-contratti (divenuti tali prima dell'instaurarsi di un processo nei confronti del loro dante causa) sono assoggettati all'efficacia riflessa della sentenza pronunciata contro quest'ultimo, e, nell'ambito di quel processo, sono legittimati esclusivamente ad esperire, quale rimedio preventivo, un intervento adesivo dipendente ex art. 105, comma 2, cod. proc. civ. o a proporre, quale rimedio successivo, opposizione di terzo revocatoria ai sensi dell'art. 404, comma secondo, cod. proc. civ.

Ne deriva che l'impugnata sentenza ha correttamente escluso la configurabilità di un'autonoma legittimazione a ricorrere avverso l'atto di decadenza, essendo nel caso di specie il concessionario e dante cause degli odierni appellanti l'unico soggetto legittimato a ricorrere, ed esplicando la sentenza definitiva di tale giudizio la sua efficacia riflessa sul rapporto pregiudiziale in capo ai titolari dei sub-contratti.

14. Per ragioni sostanzialmente identiche deve essere respinto l'appello sub 4.1., proposto da A. s.r.l. (ora, Fallimento A. s.r.l.) avverso la statuizione sub 2.(iv), escludente la legittimazione autonoma a ricorrere in capo alla predetta, in quanto il "contratto di sub-concessione" stipulato il 23 marzo 2010 tra P.I. s.p.a. e A. s.r.l. pure si basa espressamente sul sopra citato art. 9, punto 2., della concessione demaniale marittima n. 2306/2006 che costituisce in favore di A. s.r.l. una posizione giuridica soggettiva "di natura obbligatoria, atipica, unitaria e inscindibile" (v. le premesse del "contratto di sub-concessione" del 23 marzo 2010), ossia "il diritto personale di godimento avente ad oggetto l'utilizzazione e la fruizione - con facoltà di ulteriore sub-concessione a terzi del diritto medesimo - per tutta la durata della concessione demaniale prima richiamata, delle opere a mare infra descritte, nell'approdo per naviglio da diporto in Comune di Imperia" (v. art. 2, punto 2/a, dell'atto di sub-concessione). Con ciò, anche A. s.r.l. deve ritenersi titolare di una posizione giuridica di diritto privato, derivata dalla società concessionaria ed estranea al rapporto concessorio pubblicistico intercorrente esclusivamente tra il Comune di Imperia in qualità di concedente e la P.I. s.p.a. in qualità di concessionaria.

In reiezione dei profili di censura dedotti nell'ambito del primo motivo d'appello, va invece esclusa la configurabilità di una sub-concessione ai sensi dell'art. 45-bis cod. nav., poiché tra le parti vi è stata la stipula del diverso strumento, di natura privatistica, di un sub-contratto in aderenza alle previsione della concessione e, mancando, peraltro, uno specifico provvedimento autorizzativo ai sensi del citato art. 45-bis cod. nav. che abbia avuto ad oggetto la sostituzione (in tutto o in parte) dell'originaria concessionaria P.I. s.p.a. con l'asserita subentrante Acquarena s.r.l. nell'oggetto della concessione (è stata peraltro la stessa sentenza n. 379/2011 del T.a.r. per la Liguria, invocata dall'appellante a fondamento del ricorso in appello, ad aver escluso la configurabilità di una sub-concessione ai sensi dell'art. 45-bis cod. nav.).

La legittimazione a ricorrere in capo ad A. s.r.l. non potrebbe neppure essere collegata alla sua posizione di socio (operativo) di P.I. s.p.a., poiché, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide e fa proprio, nelle società di capitali, dotate di distinta personalità e titolari del proprio patrimonio, l'interesse del socio al potenziamento o alla conservazione della consistenza economica dell'impresa sociale è tutelato esclusivamente con strumenti interni, potendo egli influire sulla vita sociale, contestare le deliberazioni, oppure far valere la responsabilità degli organi, mentre non implica la legittimazione a impugnare in giudizio atti esterni, né in particolare ad impugnare i contratti stipulati dalla società con terzi o, comunque, atti posti in essere nei rapporti con terzi (v. in tal senso, ex plurimis, Cass. 25 febbraio 2009, n. 4579; Cass. 13 aprile 1989, n. 1788).

A fronte della chiara e univoca volontà contrattuale delle parti, espressa dalle stesse nel "contratto di sub-concessione" stipulato il 23 marzo 2010, di porre in essere un mero atto di diritto privato costitutivo di un diritto personale di godimento in capo ad A. s.p.a. ai sensi dell'art. 9., punto 2., della concessione n. 2306/2006, sono infondate anche le censure dell'appellante, volte a ricostruire in termini giuspubblicistici il rapporto scaturente dal contratto del 23 marzo 2010, attraverso il richiamo di atti (quali la deliberazione del consiglio comunale di Imperia del 27 luglio 2005, n. 56, o l'accordo di programma stipulato il 7 ottobre 2005 tra P.I. s.p.a. e A. s.r.l.) inerenti ad una fase antecedente il rilascio della concessione n. 2306/2006 e la stipula del contratto del 23 marzo 2010 che, in via provvedimentale e negoziale, contengono la disciplina definitiva dei rapporti inter partes, nel senso sopra delineato.

Per le esposte ragioni, va confermata la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado proposto da A. s.r.l., per difetto di legittimazione a ricorrere.

Occorre aggiungere, in accoglimento della correlativa eccezione sollevata dal Comune di Imperia, che in capo ad A. s.r.l. sarebbe comunque sopravvenuta anche la carenza di interesse a ricorrere in seguito alla decisione degli organi fallimentari di P.I. s.p.a. di sciogliersi da tutti i contratti intercorsi con A. s.r.l., ai sensi dell'art. 72 l. fall. (v. doc. 56 del fascicolo del Comune), con la conseguenza che il relativo ricorso, oltre ad essere stato dichiarato correttamente inammissibile per le ragioni innanzi esposte, in ogni caso sarebbe divenuto anche improcedibile.

15. Affrontando l'appello sub 4., come integrato dai motivi aggiunti sub 9.1. - proposto dal Fallimento P.I. s.p.a. avverso la statuizione con cui il T.a.r. ha respinto il motivo di primo grado dedotto avverso il provvedimento di decadenza della concessione nella parte in cui la decadenza era motivata dal mancato pagamento del canone per gli anni 2011, 2012 e 2014, per gli effetti di cui all'art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav. -, ritiene la Sezione che l'appello e i motivi aggiunti sono infondati.

15.1. Ai sensi dell'art. 47, lettera d), cod. nav., l'amministrazione può dichiarare la decadenza dalla concessione demaniale marittima "per omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato a questo effetto dall'atto di concessione".

Nel caso concreto, l'atto di concessione n. 2306/2006, all'art. 5, punto 5., dispone testualmente: "Per i fini previsti dall'art. 47, lettera d), del Codice della navigazione il numero delle rate il cui mancato pagamento comporterà la decadenza della concessione è fissato nel numero di due".

Quanto ai termini di pagamento, a norma dell'art. 16 d. P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, i canoni devono essere corrisposti anticipatamente, ossia il 1 gennaio di ogni anno (v., in tal senso, anche l'art. 5, punto 2., dell'atto di concessione).

Si precisa, al riguardo, che soltanto con l'art. 12-bis D.L. 24 aprile 2014, n. 66, inserito dalla legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89 - in vigore dal 24 giugno 2014 - è stato previsto che i canoni delle concessioni demaniali marittime, dovuti a partire dall'anno 2014, sono versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno, con conseguente inapplicabilità ratione temporis alle annualità 2011 e 2012 (a prescindere da ogni questione di individuazione dell'ambito oggettivo di applicazione della novella legislativa).

Risulta inoltre documentalmente comprovato che il Comune di Imperia, con note dell'8 novembre 2011, del 24 gennaio 2012, del 13 marzo 2012, dell'11 aprile 2013 e dell'8 maggio 2014 (prima della dichiarazione di fallimento disposta il 20 maggio 2014), nonché con nota del 22 agosto 2014, ha richiesto il pagamento dei canoni relativi alle annualità 2011 (Euro 854.783,08), 2012 (Euro 886.837,45) e 2014 (Euro 904.989,87), oltre alla rispettiva imposta regionale.

Da quanto sopra emerge che l'inadempimento nel versamento delle due annualità di canone degli anni 2011 e 2012 si è realizzato interamente e definitivamente in data ampiamente anteriore alla presentazione dell'istanza di concordato preventivo con riserva (20 settembre 2012), dapprima con la scadenza del termine di pagamento, ai sensi dell'art. 1219, n. 3, cod. civ. (costituendo l'obbligazione pecuniaria un'obbligazione portable da eseguirsi al domicilio del creditore, ai sensi dell'art. 1182, comma 2, cod. civ.), e, in un secondo tempo e in ogni caso, con l'intimazione scritta ai sensi dell'art. 1219, comma 1, cod. civ.

Ebbene, poiché ai sensi dell'art. 1221 cod. civ. (Effetti della mora sul rischio) la sopravvenuta impossibilità della prestazione del debitore in mora non lo libera dalle sue responsabilità, anche in tesi aderendo alla tesi dell'appellante secondo cui il concordato preventivo prima e il fallimento poi abbiano determinato un'impossibilità giuridica di adempimento prima dell'adozione del provvedimento di decadenza, il mancato pagamento delle due annualità ai sensi dell'art. 5, punto 5., della concessione era idoneo (nel senso di necessario e sufficiente) a giustificare la decadenza dalla concessione ex art. 47, lettera d), cod. nav., sicché, già per tale ragione, il provvedimento di decadenza doveva ritenersi legittimo nella parte in cui si fonda su tale fattispecie decadenziale.

L'inadempimento definitivo all'obbligazione del pagamento del canone per le annualità 2011, 2012 e 2014 è, poi, rimasto confermato dall'ammissione del correlativo importo complessivo di Euro 2.625.750 (comprese le imposte regionali) al passivo fallimentare.

Le considerazioni sopra svolte rilevano anche per respingere le censure dedotte dal Fallimento appellante in punto di insussistenza dell'elemento soggettivo della colpevolezza in capo al concessionario (tenuto conto della natura sanzionatoria della fattispecie decadenziale).

15.2. A ciò si aggiunge che, da un'interpretazione sistematica della legge fallimentare quale novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, con riguardo ai rapporti pendenti di durata e ai crediti che maturano (o siano maturati) all'interno di tali rapporti, è ricavabile il principio per cui, per un verso, il debitore concordatario, il quale opti per la prosecuzione del rapporto (argomentando e contrariis ex art. 169-bis l. fall., e argomentando a fortiori ex art. 72 l. fall.), è obbligato ad adempiere alle obbligazioni (anche pregresse) sullo stesso gravanti e, per altro verso, in presenza di un rapporto di durata a prestazioni corrispettive in cui le une non possono disgiungersi dalle altre, i diritti del contrante in bonis non possono non avere spazio anche in relazione ai comportamenti pregressi della controparte contrattuale in concordato. Ciò rileva tanto più nel caso di specie, in cui il mantenimento della concessione demaniale aveva una rilevanza strategica nel programma concordatario per il superamento dello stato di crisi della società concessionaria (ed infatti, il canone relativo all'annualità 2013, in quanto debito post-concordatario inerente a rapporto pendente di durata, è stato integralmente pagato al Comune di Imperia, mentre non risulta pagato il canone relativo all'anno 2014 per la quota cronologicamente riferibile al concordato preventivo, fino al 20 maggio 2014, data di dichiarazione del fallimento, con la precisazione che il contratto di affitto d'azienda stipulato tra Fallimento e G.I. s.r.l. nel luglio 2014 è comunque successivo a tale data).

È, pertanto, condivisibile la considerazione del T.a.r., per cui la società concessionaria avrebbe, quanto meno, potuto (e dovuto) chiedere l'autorizzazione ex art. 182-quinqiues, comma 5, l. fall. del giudice delegato per effettuare il pagamento dei crediti pregressi (nella specie, i canoni concessori relativi agli anni 2011 e 2012) inerenti a un rapporto essenziale per la prosecuzione dell'impresa e, al contempo, sarebbe stata obbligata ad adempiere alle annualità successive all'apertura del concordato inerenti a detto rapporto strategico, con conseguente esclusione di un'ipotesi di impossibilità giuridica di adempiere, infondatamente invocata dal Fallimento appellante.

Nella specie manca, tuttavia, siffatta istanza di autorizzazione, non presentata neppure dopo il 30 agosto 2013, allorquando il Tribunale di Imperia aveva dichiarato aperta la procedura di concordato.

A ciò si aggiunge che, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (v. Cass. 28 luglio 2016, n. 15698; Cass. 26 maggio 2009, n. 12140), per effetto della dichiarazione di fallimento (fatte salve le ipotesi di cui all'art. 46 l. fall. e l'applicazione di normative particolari di diritto amministrativo), tutte le attività del fallito vengono bensì acquisite alla massa, comprese le situazioni di interesse legittimo (o di diritto soggettivo) nei confronti della p.a. per effetto di provvedimenti amministrativi, ivi comprese quelle che sorgono dalla concessione dei beni del demanio marittimo, senza necessità di particolari accertamenti o adempimenti da parte degli organi fallimentari; ma tale automatismo è controbilanciato, in ragione del coinvolgimento dell'interesse pubblico e delle correlative esigenze di tutela immanenti al rapporto concessorio, dalla conservazione del potere dell'Amministrazione, nei confronti del Fallimento, di disporre la revoca o la decadenza della concessione, ai sensi degli artt. 42 e 47 cod. nav., e, in caso di vendita o di esecuzione forzata, di dare o non dare il gradimento al subentro nella concessione da parte dell'acquirente o dell'aggiudicatario delle opere o degli impianti costruiti dal concessionario, senza necessità del consenso di quest'ultimo, ai sensi dell'art, 46, comma 2, cod. nav.

Ne consegue che l'Amministrazione pubblica deve ritenersi legittimata ad emanare provvedimenti estintivi del rapporto concessorio anche dopo l'apertura del concordato o la dichiarazione di fallimento nei confronti del concessionario - il quale resta obbligato ad adempiere alle obbligazioni (anche pregresse) gravanti sullo stesso in forza del rapporto concessorio -, in funzione di tutela dell'interesse pubblico a un proficuo uso dei beni demaniali, prevalente sugli interessi privati del ceto creditorio, a pena di un'inammissibile modificazione surrettizia della destinazione pubblica dei beni demaniali, quale stabilita dalla legge.

15.3. A fronte della predeterminazione, nell'atto concessorio, del numero di ratei "il cui mancato pagamento comporterà la decadenza della concessione" in due annualità di canone (v. così, testualmente, l'atto concessorio), l'Amministrazione concedente, constatata la sussistenza di una situazione di morosità rilevanti ai fini decadenziali, ben poteva esercitare il relativo potere a tutela dell'interesse pubblico ad un persistente uso proficuo dei beni oggetto della concessione, senza onere di ulteriore motivazione, versandosi in fattispecie di atto vincolato (mentre un surplus motivazionale si sarebbe imposto al contrario per giustificare - ove possibile - il mancato esercizio, in una tale situazione, del doveroso potere sanzionatorio di decadenza).

La menzionata previsione dell'atto di concessione risulta, peraltro, rispettosa del principio di proporzionalità, costituendo l'obbligazione del pagamento del canone una delle obbligazioni principali (primarie ed essenziali) poste a carico del concessionario, il cui inadempimento non può che incidere in senso pregiudizievole sull'equilibrio del rapporto e sull'affidabilità del concessionario a garantire una sua fisiologica prosecuzione, con conseguente manifesta infondatezza delle censure sulla sussistenza dei vizi di nullità - per asserita contrarietà all'ordine pubblico e per l'asserito carattere vessatorio della clausola - che, secondo le deduzioni del Fallimento nel ricorso in appello (sub punto A.6.), inficerebbero la previsione di cui all'art. 5, punto 5., della concessione-contratto.

15.4. Per ragioni sostanzialmente identiche, risultano manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionali e di contrasto con il diritto comunitario della disciplina dell'art. 47 cod. nav. - sollevate dal Fallimento appellante con il secondo motivo d'appello, di cui sopra sub 4.b), sotto il profilo della violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità -, avuto riguardo al rapporto tra la gravità dell'inadempimento contestato e la natura della sanzione adottata.

Quanto, invece, all'asserita sproporzione tra l'inadempimento posto a base del provvedimento di decadenza (mancato pagamento dei canoni per le annualità 2011, 2012 e 2014), e gli effetti della decadenza previsti dall'art. 47, comma 4, cod. nav. - per cui al concessionario decaduto non spetta alcun rimborso per le opere eseguite e per le spese sostenute -, si osserva che le questioni inerenti alla regolazione dell'assetto patrimoniale tra le parti del rapporto concessorio, determinatosi in conseguenza del provvedimento di decadenza, esulano dai limiti oggettivi del presente giudizio.

Infatti, nell'ambito del presente giudizio non sono state fatte valere eventuali correlative pretese o azioni (ad. es., di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ., o di conseguimento di un indennizzo previa declaratoria di illegittimità costituzionale o comunitaria dell'art. 47, comma 4, cod. nav.).

A parte ogni considerazione sulle questioni di giurisdizione riguardanti la proposizione di tali domande, sono conseguentemente irrilevanti le questioni di illegittimità costituzionale e comunitaria sollevate in parte qua nel ricorso in appello.

15.5. Destituito di fondamento è anche il profilo di censura con cui il Fallimento appellante deduce la violazione dell'art. 26, comma secondo, del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, sotto il profilo che il Comune non avrebbe sentito l'Agenzia del Demanio prima di emanare il provvedimento di decadenza.

Infatti, risulta ex actis (doc. 18 del fascicolo del Comune) che il Comune aveva comunicato all'Agenzia l'avvio del procedimento di decadenza (tra l'altro, col riferimento alla questione della morosità nel pagamento dei canoni), senza tuttavia ricevere risposta, con conseguente assolvimento dell'onere procedimentale di cui alla citata disposizione di legge.

15.6. Né possono trovare accoglimento i motivi aggiunti di cui sopra sub 9.1., proposti dal Fallimento appellante ex art. 104, comma 3, cod. proc. amm. con la memoria depositata il 14 dicembre 2016 ed incentrati sulla tesi dell'illegittimità della declaratoria di decadenza ex art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav., per l'estinzione dell'obbligazione relativa ai canoni degli anni 2011 e 2012 in seguito all'escussione della correlativa polizza fideiussoria (rifiutata dalla Compagnia assicuratrice) all'esito di un separato giudizio civile, definito con un atto di transazione concluso tra il Comune di Imperia e la garante A.G. S.p.A. e approvato dalla Giunta comunale con deliberazione n. 280 del 4 ottobre 2016.

15.6.1. In data 7 ottobre 2016, tra il Comune di Imperia e le A.G. s.p.a. è stato stipulato un contratto di transazione per definire la causa intentata dal Comune dinanzi al Tribunale di Imperia nei confronti della Compagnia di assicurazione per la condanna di quest'ultima, a fronte del rifiuto opposto alle richieste di escussione del Comune, al pagamento delle somme di cui alle polizze assicurative emesse - con la clausola "a prima richiesta scritta con l'esclusione del beneficio di cui all'art. 1944, 2 comma, C.C. e senza attendere la pronuncia del giudice" - a garanzia delle obbligazioni della concessionaria P.I. S.p.A..

Si trattava, in particolare, delle seguenti polizze:

(i) polizze n. 263625381 del 20 dicembre 2006 e n. 303616375 del 4 febbraio 2010 e relative appendici, emesse per gli importi di Euro 6.123.977,34 e, rispettivamente, di Euro 2.604.762,00, a garanzia dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione contemplate dall'art. 3 delle convenzioni accessive alla concessione demaniale marittima;

(ii) polizza n. 263625489 del 21 dicembre 2006, emessa per l'importo di Euro 466.000,00, successivamente aumentato con appendice del 22 gennaio 2010 all'importo di Euro 2.000.000,00, a garanzia del pagamento del canone di concessione ai sensi dell'art. 6 dell'atto di concessione;

(iii) polizza n. 263625385 del 20 dicembre 2006, emessa per l'importo di Euro 1.995.870,00 a garanzia dell'obbligo di realizzazione della spiaggia artificiale di cui all'art. 6 della convenzione;

(iv) polizza n. 27600207071 del 21 febbraio 2007, emessa per l'importo di Euro 8.000.000,00 a garanzia della buona esecuzione delle opere previste dalla convenzione.

Ebbene, dall'esame del contratto di transazione risulta che nell'importo complessivo concordato nella clausola n. 2), da versare da A.G. al Comune a titolo transattivo, non compare l'importo relativo alla polizza con appendice di cui sopra sub (ii), rilasciata a garanzia del regolare pagamento del canone, con conseguente inconsistenza dell'assunto del Fallimento circa la soddisfazione dei correlativi crediti del Comune - peraltro, tutt'ora iscritti al passivo fallimentare - ed infondatezza, già per tale ragione, dei motivi aggiunti.

15.6.2. In secondo luogo si osserva, in linea di diritto, che, nelle ipotesi in cui sia stata rilasciata una polizza fideiussoria in favore di una pubblica amministrazione a garanzia dell'adempimento di obbligazioni relative a corrispettivi di diritto pubblico (quali, ad es., i canoni concessori), al cui inadempimento siano collegate conseguenze sanzionatorie (quale, nel caso di specie, la decadenza dalla concessione), l'Amministrazione non risulta affatto privata del potere di sanzionare l'inadempimento delle obbligazioni da parte del debitore principale.

Invero, la garanzia ha la mera funzione di preservare, entro i limiti dell'importo garantito, l'integrità patrimoniale dell'Amministrazione con specifico riferimento al contenuto economico del singolo credito garantito, in caso d'inadempimento della correlativa obbligazione da parte del debitore principale, ma la prestazione della garanzia non incide sulla persistenza dei poteri attribuito all'Amministrazione in funzione del perseguimento dell'interesse pubblico sotteso al rapporto concessorio nel suo complesso.

In siffatte ipotesi, la stipula di una polizza assicurativa non esime affatto il debitore principale dall'adempimento dell'obbligazione scaturente dal rapporto concessorio, con conseguente manifesta infondatezza della tesi, sostenuta dalla difesa del Fallimento nei motivi aggiunti, per cui la scelta dell'Amministrazione di provvedere all'escussione della garanzia le avrebbe precluso l'esercizio dei poteri sanzionatori previsti dalla legge in caso di inadempimento all'obbligazione principale (sulla natura del rapporto esistente tra il potere sanzionatori normativamente riconosciuto alla p.a. e le garanzie rilasciate dal soggetto privato a favore della stessa a tutela di crediti scaturenti da rapporti di diritto pubblico, cfr. Ad. Plen., 7 dicembre 2016, n. 24, nonché, con specifico riferimento alle concessioni demaniali marittime, Cons, Stato, Sez. VI, 27 marzo 2017, n. 1391), presupponendo per contro l'escussione della garanzia che un inadempimento si sia verificato.

Non sussiste, pertanto, la dedotta incompatibilità della scelta di procedere all'escussione della garanzia, a tutela del credito correlato all'obbligazione principale rimasta inadempiuta, con l'esercizio del potere sanzionatorio, incidente sul rapporto nella sua interezza, in conseguenza dell'inadempimento all'obbligazione principale.

Resta pertanto irrilevante la questione sull'individuazione del momento in cui il Comune di Imperia avrebbe deliberato di escutere la polizza a garanzia del pagamento di canone ('tentativo di escussione', nel caso di specie comunque non andato a buon fine), come altrettanto irrilevante resta, nel presente contesto decisionale, l'esatta qualificazione, in termini civilistici, della garanzia prestata, sub specie di garanzia fideiussoria, oppure di contratto autonomo di garanzia, rilevando tale distinzione principalmente ai fini del regime delle azioni di rivalsa dopo l'avvenuto pagamento della polizza.

Ciò che, invece, nel caso di specie unicamente viene in rilievo, è che, al momento dell'adozione del provvedimento sanzionatorio di decadenza, l'inadempimento dell'obbligazione principale cui sia ricollegato l'effetto sanzionatorio, si sia avverato.

Tale conclusione resta, peraltro, confermata dalla clausola n. 4) del contratto di transazione, nella quale la Compagnia dichiara bensì di rinunciare "al proprio di diritto di surroga e regresso nei confronti del soggetti obbligati (P.I. S.p.a. in fallimento e Società dell'Acqua P.A.M. S.p.A. in concordato preventivo) dipendente dalle somme oggetto della presente transazione e corrisposte al Comune e conseguentemente dichiara di rinunciare ad ogni azione verso il debitore principale e la sua coobbligata per tali importi", ma al contempo viene precisato che "l'eventuale credito del Comune verso la fallita P.I. S.p.A. non rimane ridotto o modificato per effetto dei pagamenti qui previsti a suo favore" (pagamenti da cui del resto esula la somma oggetto della polizza accesa a garanzia dell'obbligazione di pagamento dei canoni concessori; v. sopra), con conseguente espressa esclusione dell'incidenza della transazione sulle sorti del rapporto concessorio.

Peraltro, l'esperimento di un'eventuale condictio indebiti, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., da parte del debitore-ordinante contro il beneficiario del pagamento eseguito dal garante, resta relegato su un piano separato, di mera valenza privatistica, esulante dal rapporto pubblicistico concessorio.

15.6.3. Per le esposte ragioni, di natura dirimente, i motivi aggiunti devono essere disattesi, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante nel presente contesto decisionale.

16. A fronte della natura espressamente condizionata e subordinata dell'appello incidentale sub 4.2. proposto dal Comune di Imperia, la reiezione dell'appello incidentale determina l'improcedibilità dell'impugnazione incidentale.

17. La reiezione dell'appello (e dei motivi aggiunti) del Fallimento, e la conseguente conferma della declaratoria d'infondatezza del ricorso in primo grado proposto dal Fallimento medesimo, contenuta nell'impugnata sentenza, esime questo Collegio, per ragioni di economia processuale, dall'affrontare sia l'appello incidentale sub 4.3., proposto da G.I. s.r.l. avverso la statuizione reiettiva dell'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado n. 126 del 2015 del Fallimento, sia l'eccezione di inammissibilità dello stesso ricorso per mancata impugnazione della concessione n. 3384 del 24 dicembre 2014 rilasciata in favore di G.I. s.r.l., espressamente riproposta dal Comune di Imperia.

Entrambe le eccezioni devono, pertanto, ritenersi assorbite.

18. Affrontando, da ultimo, l'appello sub 8., proposto dagli istituti bancari U. ed altri s.c. a r.l. (già E. s.p.a.) avverso la sentenza n. 52/2016 sub 3., si osserva che l'appello, sebbene ammissibile - avendo le parti appellanti al punto II.3) del ricorso in appello espressamente chiesto l'accoglimento dei motivi di merito dedotti in primo grado, rimasti integralmente assorbiti dalla pronuncia assolutoria in rito e dovendosi un siffatto richiamo ritenere sufficiente ai fini devolutivi, con conseguente infondatezza dell'eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune appellato per asserita violazione dell'art. 101, comma 2, cod. proc. amm. -, è tuttavia infondato.

Ritiene il Collegio che sia dirimente il profilo di carenza di legittimazione autonoma a ricorrere in capo agli istituti bancari, già dedotto dal Comune di Imperia in via di eccezione in prima istanza ed espressamente riproposto nel presente grado, relativo all'inopponibilità dell'ipoteca in questione all'Amministrazione concedente, eccedendo l'atto di costituzione dell'ipoteca i limiti dell'autorizzazione rilasciata dal competente dirigente comunale in data 27 febbraio 2007 e dall'art. 9, punto 1., dell'atto di concessione.

Infatti, l'art. 9, punto 1., dell'atto di concessione - peraltro, in conformità alla disposizione di cui all'art. 41 cod. nav. - prevede la facoltà della società concessionaria di costituire, previa autorizzazione dell'autorità competente, "ipoteca sulle opere da essa costruite sui beni demaniali".

Con provvedimento del 27 febbraio 2007, la P.I. s.p.a. è stata autorizzata "a costituire ipoteca sulle opere dalla medesima Società Concessionaria costruite nell'ambito della zona demaniale marittima oggetto della C.D.M. sopra meglio indicata" (doc. 9 del fascicolo del Comune).

Con atto notarile del 19 febbraio 2007 (registrato il 22 febbraio 2007), la società concessionaria, in qualità di terza datrice di ipoteca, ha costituito ipoteca, iscritta per la complessiva somma di Euro 280.000.000,00, in favore degli istituti bancari odierni appellanti a garanzia del finanziamento di Euro 140.000.000,00 dagli stessi concesso ad A. s.r.l., "sugli immobili pervenuti per concessione demaniale marittima descritti in calce al presente atto, nonché su tutte le loro adiacenze, accessioni, nuove costruzioni, ampliamenti, sopraelevazioni ed ogni altra pertinenza e su tutto quanto sia comunque ritenuto immobile ai sensi della legge e vi sia in seguito introdotto o asportato", con descrizione dei beni oggetto della garanzia ipotecaria quale "Diritto di superficie concesso per anni 55 alla Società P.I. s.p.a." sugli immobili di seguito analiticamente indicati nell'atto medesimo (v. doc. 13 del fascicolo del Comune di Imperia).

La richiesta di autorizzazione alla costituzione di ipoteca datata 19 febbraio 2007 - peraltro pervenuta al Comune soltanto il 26 febbraio 2007 (v. relativo timbro di "arrivo" apposto sull'istanza; doc. 7 del fascicolo del Comune), e dunque dopo la stipula dell'atto di costituzione di ipoteca -, quanto all'oggetto, era riferita "all'iscrizione di ipoteca sulle aree demaniali concesse", né vi risultava specificato che l'ipoteca fosse stata costituita a garanzia del debito di un soggetto terzo (A. s.r.l., appaltatrice delle opere), anziché della stessa concessionaria.

Orbene, risulta palese, da quanto sopra, la divergenza tra l'oggetto dell'autorizzazione rilasciata dall'Amministrazione concedente, limitata alle sole opere effettivamente realizzate sulla area demaniale oggetto della concessione demaniale (in conformità all'art. 9, punto 1., dell'atto di concessione), e l'oggetto dell'ipoteca costituita sull'intera area demaniale rispettivamente sul diritto di superficie (senza limitazione alle opere realizzate) insistente sull'intera area demaniale oggetto della concessione demaniale marittima, con la precisazione che, a fronte della consegna dei lavori avvenuta il 25 gennaio 2007, al momento di costituzione dell'ipoteca (19 febbraio 2007) le opere certamente non potevano già essere state realizzate.

A ciò si aggiunge una divergenza sotto il profilo soggettivo, mancando un'espressa autorizzazione alla costituzione dell'ipoteca a favore di un terzo debitore - peraltro, nella specie titolare di un sub-contratto di mera rilevanza privatistica ed estraneo al rapporto pubblicistico di concessione (v. sopra sub 14.) -, anziché della stessa concessionaria (non essendo stato palesato, al momento della presentazione dell'istanza di autorizzazione, che l'atto di costituzione dell'ipoteca era già stato stipulato).

Ne deriva l'inopponibilità all'Amministrazione comunale della garanzia ipotecaria, essendo il Comune rimasto estraneo al relativo rapporto costituito inter alios e inter privatos (v., in fattispecie analoga, Cons. Stato. Sez. VI, 23 marzo 2007, n. 1420), con conseguente declaratoria di carenza di una situazione qualificata in capo ai creditori atta a radicare una loro legittimazione autonoma a ricorrere avverso il provvedimento di decadenza (e gli atti presupposti e connessi).

A ciò si aggiunge che, nello stato passivo del Fallimento di P.I. s.p.a., approvato dal giudice delegato, le istanze di ammissione con privilegio ipotecario presentate dagli istituti bancari odierni appellanti sono state respinte, tra l'altro sulla base del rilievo della "inopponibilità, invalidità e/o inefficacia della garanzia e del titolo, per assenza dei presupposti di legge e violazione delle norme relative alla sua costituzione, stante tra l'altro la mancanza di corrispondenza tra l'autorizzazione e il titolo, l'illegittimità della garanzia offerta dal soggetto che non ha provveduto alla realizzazione delle predette opere ex art. 41 cod. nav., violazione art. 823 c.c., prestazione della garanzia da parte del concessionario in favore del costruttore dell'opera (art. 1428 c.c.)" (v. doc. 78 fascicolo del Comune), con la conseguenza che difetta anche un interesse concreto e attuale a ricorrere in capo alle banche odierne appellanti - la cui insussistenza pure è stata eccepita dalla difesa del Comune -, non potendo le stesse conseguire utilità alcuna da un'eventuale pronuncia di annullamento.

Per le esposte considerazioni, di natura dirimente, anche l'appello in esame è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini della decisione.

19. Tenuto conto della natura delle questioni versate in giudizio e di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e tra di loro riuniti (ricorsi n. 9502/2015, n. 9741/2015, n. 9747/2015, n. 9749/2015 e n. 5097/2016), respinge gli appelli principali, dichiara improcedibili gli appelli incidentali e, per l'effetto conferma le impugnate sentenze, nei sensi di cui in motivazione; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2017, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Marco Buricelli, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

 


Avv. Francesco Botta

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